Coordinatore del Sito Web di Olivettiana. Formatore, Direttore editoriale sino al 2013 di FOR , rivista dell’ AIF – Associazione Italiana Formatori, Maestro del Lavoro. In Olivetti dal 1960 al 1991 presso la Direzione Commerciale.

Considerazioni con l’analoga competenza presente nella cultura d’impresa olivettiana

1-Imparare ad imparare

‘Gli adulti siano in grado di sviluppare e aggiornarle loro competenze chiave in tutto l’arco della loro vita con attenzione per gruppi di destinatari riconosciuti prioritari nel contesto nazionale, regionale e/o locale come le persone che necessitano di un aggiornamento delle loro competenze’

(per il Parlamento Europeo: J.Borrel Fontelles 2006)

La questione è presente da tempo sia negli ambienti lavorativi che nella società nel suo insieme.

La Olivetti affrontò il problema con un incremento delle cose da apprendere attraverso un piano di sviluppo mondiale dell’azienda e con la fiducia nel potenziale intellettuale ed affettivo dei collaboratori.

In queste parole pronunciate davanti ai lavoratori dello stabilimento di Pozzuoli nel 1955, si comprende come migliaia di persone abbiano imparato cose assolutamente nuove confidando nella propria intelligenza, nella vicinanza di colleghi e di capi e nel clima sociale e lavorativo che si svolgeva in Olivetti.

“I fatti salienti nella storia della nostra industria sono quest’anno, nel campo commerciale, l’apertura di una nuova organizzazione di distribuzione nel Canadà e nel campo produttivo, il definitivo assetto, la piena efficienza di questo stabilimento. L’apertura di uffici a Toronto e a Montreal, è l’ultimo svolgimento di un’azione che, impostata fin dal lontano 1921 per portare i nostri prodotti sul mercato mondiale, doveva raggiungere soltanto negli anni recenti una più compiuta espressione nella rete delle nostre quattordici società alleate di cui tre nel Commonwealth Britannico, cinque in Europa e quattro nell’America latina, coi cinque stabilimenti di Barcellona, Glasgow, Buenos Aires, Johannesburg, Rio de Janeiro e oltre tremila operai, Innalzare le nostre insegnare a New York come a Francoforte, a Vienna come a San Francisco, a Rio de Janeiro o a Città del Messico o nella lontana Australia, organizzare officine, istruire venditori, persuadere una clientela diffidente della bontà del prodotto italiano, garantire l’efficienza del personale, assicurare ovunque un servizio di assistenza tecnica, difendere sempre il livello artistico e l’omogeneità grafica delle nostre espressioni pubblicitarie, imporre ad ogni costo la lealtà dei nostri metodi commerciali, non fu cosa né facile né rapida.

E questa lotta non avrà mai fine, poiché la concorrenza, le invenzioni, i perfezionamenti non hanno limiti e dovremo, sotto questo riguardo, non dare mai segni di stanchezza, alimentando di nuove forse tecniche i nostri laboratori di ricerca, i nostri centri studi.(….)
Il segreto del nostro futuro è fondato dunque sul dinamismo dell’organizzazione commerciale e del suo rendimento economico, sul sistema dei prezzi, sulla modernità dei macchinari e dei metodi, ma soprattutto sulla partecipazione operosa di tutti ai fini dell’azienda. Può l’industria darsi dei fini?

Si trovano questi semplicemente nell’indice dei profitti?

Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una destinazione, una vocazione anche nella vita di fabbrica?[1] (la lettura di questo discorso merita di essere completata: un modo per imparare..)

1.1-Ipotesi sulle ragioni di questa raccomandazione europea e considerazioni sulla cultura d’impresa olivettiana

Le analisi sulle graduatorie degli stati europei rivelano diversi deficit italiani . L’analfabetismo di ritorno e la scarsa cultura scientifica , sono oggetto di attenzione da parte di vari osservatori pubblici e privati.

L’aspetto paradossale riguarda anche il ‘tempo’ investito da gran parte della popolazione attiva nella gestione delle tecnologie della connessione e dei relativi servizi.

Negli anni 50-60 in Olivetti l’urgenza dovuta all’innovazione di processo e di prodotto e alle esigenze di nuovi utenti di macchine per ufficio, fu affrontata con il criterio della ‘formazione continua’.

Conclusi i corsi di prima formazione e specialistici, il personale olivettiano si ritrovava in un ambiente di lavoro dove le occasioni per imparare erano estremamente frequenti.

Si imparava con sessioni brevi e informali ogni volta che apparisse l’occasione.

Le occasioni potevano essere la dimissione di un collaboratore , il fallimento di una trattativa importante o l’insuccesso di una rassegna di prodotti ma anche l’analisi dei successi dei collaboratori, trattative o rassegne complesse andate a buon fine ecc.

Si imparava trovandosi nella condizione , in particolare all’estero, di utilizzare le risorse dell’inventiva personale e della relazione con i colleghi che si trovavano altrove ( ‘nel mondo’ e a Ivrea).

Un ruolo importante l’ha avuto la diffusione e la qualità dello scambio verbale e dell’incontro diretto.

Poiché in un’azienda in forte sviluppo e presente nei settori più svariati delle attività fondate sulla scrittura , sul calcolo, sull’elaborazione di dati, sull’archiviazione ecc. molte carriere erano ‘orizzontali’. Attraverso la funzione’ gestione del personale’ si passava da un’area professionale ad una altra e bisognava diventare operativi in tempi brevi per cui lo scambio verbale era dominante.

Lunghe e profonde conversazioni, domande, proposte, idee.. erano alla base di processi di formazione di nuova concezione per quegli anni.

2- Una persona inserita in una carriera orizzontale , nella Olivetti degli anni 50-70 del Novecento, capiva un discorso come questo

E’ un discorso analogo a quello già visto nell’articolo sullo ‘spirito d’iniziativa e imprenditorialità’ con qualche novità dovute al fatto che qui non si parla di neo-assunti ma di persone con esperienza.

“Tu conosci il modo di lavorare in Olivetti e l’hai dimostrato in modo positivo. Si apre un’opportunità in un settore aziendale che comporta responsabilità diverse dalle precedenti. Gli obiettivi vanno raggiunti perché servono per programmare la produzione in fabbrica. Farai corsi per comprendere i fondamentali del nuovo lavoro e il modo di gestire i collaboratori . Non avere paura di sbagliare. Puoi sempre contare sull’organizzazione. Su ogni idea che ti verrà in mente parliamone, le idee nuove fanno bene a tutti. Fidati delle cose che conosci e impara cose nuove. Sappi che tu rappresenti diverse persone a cominciare da quelle che hanno creato e prodotto le macchine e i servizi che sono alla base del nostro lavoro ’.

La carriera orizzontale oltre che modificare lo status economico era premiante perché comportava un rinnovamento delle competenze e sollecitava nuovi apprendimenti.

3-Citazioni sull’originalità dell’imparare ad imparare in Olivetti

Intervista ad Alberto Berghino, in Olivetti dal 1953 , direttore dello stabilimento di Massa Carrara

“Quando anni dopo sono andato a lavorare presso lo stabilimento di Massa, dove l’Olivetti produceva mobili per ufficio, ho realizzato la cosiddetta UMI di attrezzaggio. L’ho fatta solo io, perché era un mio pallino. Nel frattempo alla fine del 1973, ero diventato dirigente e la mia nomina aveva creato un po’di scalpore, perché ero uno dei primi diplomati che passava dirigente. Allora all’Olivetti passavano i laureati: il fatto che io fossi stato il primo diplomato ha rotto l’argine, poi sono seguiti molti altri. Per dodici anni sono stato il direttore dello stabilimento di Massa. Lì il problema qual’era? C’erano linee estremamente meccanizzate, importanti, grosse, e il problema era di arrivare velocemente i guasti, perché se si fermava una macchina si fermava tutta la linea: allora gli operai degli impianti dovevano intervenire velocemente . Nel proseguire la lettura dell’intervista si legge che poiché gli operai erano alla fine della loro carriera ‘fuori quindi dal flusso produttivo’ l’autore ha introdotto una retribuzione calcolata sulle macchine riparate. Inoltre nell’intervista spiega il significato e l’origine delle UMI Unità di Montaggio Integrate [2]

Intervista a Gastone Garziera 1942, in Olivetti dal 1961 collaborò con l’ing. Pier Giorgio Perotto, nella progettazione della Programma 101, il primo personal computer al mondo[3](con Giovanni De Sandre , Giuliano Gaiti e il designer Mario Bellini)

Intervistatrice: ‘lei entra nel 1961, lavora alla P101 fino al 1965 e oltre. Volevo chiederle l’insieme di conoscenze necessarie a mantenersi sulla frontiera della ricerca e della sperimentazione era solamente empirico oppure i suoi studi di fisica in qualche modo vi confluivano?

Garziera: ‘Io credo ci fossero entrambi gli elementi: la mia conoscenza nasceva come sommatoria di esperienze e di studio. Sicuramente quando uno non sapeva, andava a cercare dei libri più o meno pertinenti e se li leggeva. Ognuno si è fatto una propria biblioteca (…) Sicuramente questo accadeva per iniziativa autonoma, cioè non attraverso una formazione voluta dalla Olivetti. Eravamo abbonati a tante riviste specializzate. Inoltre non era del tutto trascurabile il fatto che io avevo seguito per conto mio la Scuola Radio Elettra di Torino (…) Credo che mi abbia dato le basi che mi hanno permesso poi di non spaventarmi di fronte all’impatto con i transistor, con i diodi, con questi componenti elettronici (…) L’intervista è interessantissima per comprendere i primordi dell’elettronica in Olivetti..

‘Ricordo che al rientro dal militare cominciai a fare le prime selezioni per il nostro gruppo, affiancando il responsabile dell’Ufficio del personale per la selezione.(…) In generale, la preparazione dei giovani veniva fatta con l’affiancamento: io ho avuto – direi la fortuna enorme – di trovare l’ingegner De Sandre, che dopo i primi giorni ho capito che poteva essere un interlocutore. Alla fine abbiamo passato tutto il tempo della 101 proprio fianco a fianco, per sempre.’

Intervista a Gianfranco Ferlito 1942, direttore operativo della qualità poi responsabile della pianificazione di Olivetti Systems & Networks (nel 1956,a 14 anni, provenendo da Cuorgnè era stato selezionato per entrare nel Centro Formazione Meccanici Olivetti (CFM) di Ivrea.

“La cosa d’Ivrea che mi ha colpito, fin dai primi giorni, era vedere che alla sera questa marea di gente che usciva dall’Olivetti e si indirizzava verso i pullman, era in gran parte costituita da persone benvestite, vivaci, spesso con dei libri sotto il braccio: questa è stata forse la cosa che mi ha colpito di più, perché veder leggere qualcuno a Cuorgnè era una cosa veramente rara; invece qui molti operai, non solo nell’intervallo di mensa, frequentavano la biblioteca, ma i libri se li portavano a casa. Ho capito che era un mondo diverso. La scuola (il CFM) era particolarmente interessante, perché i docenti erano in molti casi di alto livello. Alcuni sono rimasti famosi nella storia di Ivrea, come il professor Ferdinando Prat, che ci insegnava economia politica e storia del movimento operaio (quanto sono importanti – vero? – queste materie per una scuola aziendale che deve formare degli operai specializzati..), o la professoressa Pischel, dell’Università di Milano che veniva a farci educazione artistica. Sono esperienze rimaste in noi non solo come occasioni d’apprendimento ma come modelli di riferimento culturali per la personalità degli insegnanti.

4- Acquisire la capacità di ‘ imparare ad imparare’ oggi

Un esempio e qualche sviluppo

Si impara realizzando progetti ad esempio la scrittura di un breve saggio.

La fase progettuale è bene che sia immaginativa e motivante, perché porterà in dote idee e immagini da sottoporre al filtro della razionalità. L’inversione delle procedure, prima la logica poi la fantasia, ha spesso un potere inibitorio.

Si immagini ad esempio di fare un progetto di scrittura di un articolo o un breve saggio su un argomento di proprio interesse , dove dominanti siano le immagini.

La raccolta e la successiva selezione delle immagini, può essere seguita da abbinamenti con aforismi.

L’obiettivo è quello di tenere d’occhio la serendipità[4] , cioè la scoperta casuale di idee che non si cercavano.

Più il progetto è impegnativo più si mobilitano le conoscenze tacite ed

emergono idee latenti.

Guardando con distacco razionale quanto emerso in questa fase , anche solo elencando le idee ‘logiche’emerse , è molto probabile che siano apparse connessioni con aspetti culturali impensati e quindi degni di approfondimento.

A questa fase può seguire lo studio e la ricerca bibliografica che possomo dare origine all’acquisizione di idee sensate per la costruzione di un breve saggio.

L’autoformazione si ferma a questo punto, la fase successiva potrà riguardare riguardante un eventuale uso pubblico del saggio, e la cosa dipende dal pubblico al quale indirizzarlo.

Non ci sono solo i pubblici specializzati con i quali il confronto è inutile e fuorviante. Ci sono altri tipi di pubblico e altre forme di comunicazione oltre il saggio.

C’è il documentario radiofonico, televisivo, teatrale , fotografico…. tutte forme autoprodotte che possono ospitare quanto è stato da voi appreso.

Per Olivettiana.it

Galileo Dallolio

22 agosto 2021 Bologna

  1. Adriano Olivetti, Città dell’uomo, Discorso agli operai di Pozzuoli , 1955 ( pp163-165)

    Edizioni di Comunità 1960

  2. Uomini e lavoro alla Olivetti a cura di F.Novara, R.Rozzi e R.Garruccio, postfazione di G.Sapelli Bruno Mondadori ed 2005 , pag.248 Alberto Berghino (1933) è tra i realizzatori delle Unità di Montaggio Integrate, intervista pp.239-262
  3. Pier Giorgio Perotto, P101 Quando l’Italia inventò il personal computer, Edizioni di Comunità
  4. Robert K..Merton, Elinor G.Barber, Viaggi e avventure della Serendipity. Saggio di semantica sociologica e sociologia della scienza, Il Mulino 2002

Comments

  1. Sono arrivato a questa pagina dopo aver letto l’annuncio
    http://www.olivettiani.org/giornata-di-studio-in-onore-di-adriano-olivetti.html

    Sul sito olivettiani,org ho scritto commenti, privi di riscontro, ad altri annunci riguardanti Adriano Olivetti:
    http://www.olivettiani.org/in-me-non-ce-che-futuro-3.html

    Estraggo da questa pagina alcune idee, che vorrei mettere in evidenza, circa la necessità di individuare aziende a rischio di produrre danni sociali per “mancanza di olivettianità”.

    Mi propongo di farne oggetto di una email, da inviarvi la settimana prossima.

    Cordiali saluti,

    Luigi Bertuzzi

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